Vinton Gray Cerf, noto anche come Vint Cerf (New Haven, 23 giugno 1943), è un informatico statunitense. È conosciuto come uno dei “padri di Internet” insieme a Bob Kahn, con cui inventò il protocollo TCP/IP.
Attualmente è VP di Google.
Ho letto un’interessante intervista a Vint Cerf, non sul protocollo TCP/IP o su Google, ma su un aneddoto che ci può far capire come le sole differenze culturali e sociali sono in grado di far emergere opportunità anche da esperienze negative come può essere il “fallimento di un progetto o di un’azienda”.
Vint Cerf racconta di un incontro avuto con Tony Blair, invitato da Cisco con una decina di protagonisti dell’ICT Usa.
Blair fece una sola domanda: <<Come posso importare il modello della Silicon Valley a Londra?>>.
A questa domanda rispose Steve Jobs: <<C’è una cosa che abbiamo tutti in comune: il fallimento di almeno una delle nostre attività>>.
Negli Stati Uniti il fallimento è visto come un’esperienza, non un errore.
Non è come nel resto del mondo e specialmente in Europa (ed io aggiungo in Italia), dove il fallimento di un progetto, di una start up, di un’azienda è considerato un grave errore che marchia per sempre negativamente i protagonisti di quella vicenda.
Il fallimento quindi viene visto come un’opportunità per imparare dai propri errori.
Non si lascia andare in malora un progetto o un’azienda in fallimento senza analizzare i dettagli, annotare in report approfonditi cosa è andato storto e come si è cercato di risolvere i problemi.
In Italia invece, proprio la paura del fallimento genera anche un altro aspetto ancora più negativo: l’immobilismo totale.
Gli investitori pubblici e privati non finanziano le start up, le aziende, i progetti innovativi, perchè è insito e strutturale nel nostro sistema il timore, la paura del fallimento, visto come l’errore assolutamente da non commettere tanto che non si da proprio la possibilità di iniziare un percorso se le fondamenta del progetto non sono solidissime, sicure, inattaccabili.
Non si rischia mai, perchè fallimento significa morte.
Non si rischia mai e quindi raramente assisteremo in Italia alla nascita di aziende come Apple, Google, Facebook. Questo a parità di capacità imprenditoriali, di preparazione professionale e conoscenza.
Per fortuna la globalizzazione ci offre un’opportunità importantissima: ricercare altrove l’opportunità di “fallire” o meglio di intraprendere sentendoci liberi anche di fallire.
Non in Italia.